Moria di api: quale rischio per l’ecosistema globale?
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Lug 29, 2014
Il professor
Ignazio Floris, docente di varie discipline di Entomologia agraria e di
Apicoltura nei corsi di laurea della Facoltà di Agraria nelle sedi di Sassari,
di Nuoro e di Oristano, ci aiuta a fare chiarezza su un argomento molto
discusso e controverso: la diminuzione della popolazione delle api e le sue
conseguenze. La redazione di Scientificast è da tempo molto interessata a
questo problema e ha ricevuto anche domande a riguardo da parte dei suoi
attenti lettori. Ringraziamo sentitamente il professor Floris per la sua
preziosa disponibilità e collaborazione.
Si parla molto di “moria di api”, ma qual è la reale portata del fenomeno?
Si può stimare di quanto è diminuita, nel mondo, la popolazione di api, ad
esempio, negli ultimi 5 anni?
In totale
nell’Unione Europea c’è stata una diminuzione di alveari negli anni scorsi che
ha superato il 50 per cento. In Italia questa cifra si attesta sul 20/30 per
cento. Anche negli Stati Uniti si aggira intorno al 30 per cento, in Giappone
al 25 per cento.
Considerando
che le api sono un vero e proprio mezzo produttivo per l’agricoltura,
necessario all’impollinazione di molte colture orto-frutticole e sementiere (39
specie vegetali su 57, nell’ambito delle più importanti monocolture,
beneficiano di questo servizio), senza trascurare l’importanza fondamentale
nella riproduzione di gran parte delle specie vegetali spontanee più evolute,
si può intuire la rilevanza economica di questo fenomeno a livello mondiale.
Basti
pensare che l’80 per cento dell’impollinazione dipende dalle api, per
un’incidenza economica che negli USA è stimata pari a 15 miliardi di dollari
l’anno. Per questo motivo, proprio negli Usa, si portano avanti studi e
investimenti per salvare le api dal grave fenomeno del declino che loro
chiamano “colony collapse disorder”.
Questa moria
di api è distribuita in tutto il mondo o ci sono zone più colpite e altre meno?
Nel secondo caso, quali?
In
Sudamerica e in Africa l’incidenza negativa di questo problema è decisamente
ridotta o nulla perché in quei territori è minore l’impatto delle cause di
inquinamento ambientale e anche le razze di api sono più resistenti al loro
principale parassita chiamato Varroa.
Si leggono
ipotesi su parassiti, inquinamento, sostanze chimiche in agricoltura, esistono
studi seri e scientificamente fondati al riguardo? Se sì, sono concordi
nell’indicare una causa primaria, o ciascuno punta il dito contro qualcosa di
diverso?
Le cause del
declino delle api sono molteplici e cambiano nelle varie aree del mondo.
Gli studi
volti a definire il problema, sia negli USA che in Europa, hanno preso in
considerazione, singolarmente o in combinazione, vari fattori: dalle
parassitosi agli effetti letali e sub-letali dei pesticidi utilizzati in
agricoltura e per il controllo di parassiti e patogeni dell’alveare, dalla
malnutrizione ai fattori climatici e allo stress da nomadismo che produrrebbero
un effetto immuno-soppressivo, rendendo le api più vulnerabili. Alcuni di
questi fattori, quantificati e confrontati, hanno dimostrato di avere un forte
impatto sulla salute delle api e di essere talvolta implicati in drastiche
perdite, ma nessun singolo fattore è stato provato costantemente o
sufficientemente abbondante da suggerire un unico agente causale.
In Italia,
gli sforzi maggiori volti a chiarire le cause delle perdite di colonie, sono
stati ampiamente profusi nell’ambito del programma APENET
(ora BEENET). I risultati scientifici più significativi riguardano le
interazioni tra il parassitismo di Varroa e i virus nonché sull’impatto di
nuovi insetticidi come i Neonicotinoidi.
L’acaro
Varroa, in particolare, che si nutre succhiando l’emolinfa (il sangue) dell’ape
e si riproduce sulla covata all’interno delle cellette dei favi, intacca
fortemente le difese immunitarie dell’ape, esponendola ad altri agenti
patogeni.
Pur essendo
disponibili diversi acaricidi in commercio, non è stato ancora trovato un
sistema adeguato di controllo di questo parassita. Inoltre, alcuni degli stessi
acaricidi impiegati per la lotta sono a loro volta fonte di problemi per le
stesse api e per i prodotti dell’alveare.
Circola
online da tempo una frase falsamente attribuita ad Albert Einstein, secondo
cui, in caso di estinzione delle api, l’umanità si estinguerebbe nel giro di
pochi anni…
“Se le api
scomparissero dalla terra, all’uomo non resterebbero che 4 anni di vita”:
questa frase famosissima, non è mai stata supportata da alcun riscontro, ma
viene citata spesso dai media per segnalare con enfasi il problema del declino
delle api nel mondo. A questa catastrofica previsione si associano spesso le
immagini di come sarebbero i supermercati se non ci fossero le api: scaffali
vuoti che fanno presagire l’Apocalisse.
Nonostante
non sia stata pronunciata dal grande fisico (che, peraltro, in quanto fisico
non sarebbe stato necessariamente esperto di impollinazione ed ecosistemi),
questa frase ha una notevole forza evocativa: è plausibile ipotizzare una estinzione
di massa delle api? Se sì quali sarebbero le conseguenze?
Al di là del
fatto che probabilmente l’illustre scienziato non l’abbia mai pronunciata,
resta il fondamento scientifico. Molte delle piante che coltiviamo, in un modo
o nell’altro, sopravviverebbero anche senza api, ma in diversi casi avrebbero
difficoltà a fornirci produzioni adeguate ed economicamente convenienti. Ci
dobbiamo sicuramente preoccupare del contributo delle api alle coltivazioni, da
cui traiamo alimenti e guadagni, ma sono tante altre, e molte di più, le piante
che rischierebbero l’estinzione.
Scienziati
americani e inglesi stanno già pensando ad un rimedio estremo:
Di recente, ’Harvard School of Engineering and Applied Sciences
ha ricevuto un contributo di 10 milioni di dollari per progettare e costruire
l’ape artificiale e poter sopperire così, in prospettiva, al problema
dell’impollinazione. Paradossalmente, in qualche altra parte del mondo (Cina)
stanno già sostituendo le api con l’impollinazione manuale dei fiori.
Si parla di
api in senso generale, ma a seconda dell’habitat e della specie le minacce e le
problematiche potrebbero essere completamente diverse quindi: come fanno tutte
le specie di api in tutti gli habitat in ogni parte del mondo ad essere a
rischio?
Teniamo
presente che il termine “api”, nell’accezione sistematica degli Apoidei,
include un numero conosciuto pari a circa 20.000 specie, la stragrande
maggioranza delle quali solitarie, alcune decine sociali, non solo del genere
Apis, ma anche Bombus, Melipona ecc. In realtà la minaccia più grave, di cui si
parla diffusamente, riguarda principalmente la specie più importante e diffusa
al mondo, l’Apis mellifera, la cui diffusione naturale comprende l’Africa e
l’Eurasia. Ma è stata introdotta da tempo dall’uomo in tutti gli altri
continenti tranne l’Antartide e viene utilizzata intensivamente
nell’impollinazione delle colture e nella produzione di miele in tutto il
mondo.
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